Lati oscuri

E pensare che le prime volte che si erano incontrati a lei nemmeno piaceva, le pareva un tipo anonimo, quello che incroci per strada e non lo noti, quello che quando ti viene presentato a malapena ricordi il nome il giorno dopo. Proprio così, uno che non lasciava il segno se non fosse stato per la seconda stretta di mano in cui lui si era trattenuto un secondo di più. Desiderò che quella stretta le chiudesse nel palmo i capelli domandola come una puledra.  In quel preciso istante fece clic, come l’interruttore di un faretto pronto a colpire una zona d’ombra. Per smorzare la lieve nota di imbarazzo al pensiero che lui potesse accorgersi del suo lato oscuro illuminato gli aveva chiesto se per caso avesse perso il rasoio.

  «Non ti piace la barba incolta?»

  «Non è a me che deve piacere… o no?»

  «Non sei una fan di Don Johnson?»

  «Don Johnson, Don Johnson? Quel Don Johnson? Quello di Miami Vice?»

Aveva assentito solo con la testa sfoderando un sorriso limpido, quasi infantile.

Era scoppiata in una risata che andava dal divertito allo stupefatto.

  «Benvenuto negli anni 2000! Non hai altri da emulare?»

Aveva scosso leggermente la testa in un diniego e aveva sorriso ancora.

  «Adesso dimmi pure che i negri hanno il ritmo nel sangue, che non esistono più le mezze stagioni, che le donne sono esseri deboli e fragili, che le cose più buone da mangiare sono quelle che fanno male».

  «Perché non è così?», e di nuovo aveva riso stringendo gli occhi e arricciando gli zigomi. 

  «Olé, bingo!»

  «Bella e simpatica, fortunato chi ti è vicino». Le aveva preso la mano e invitata a prendere un caffè. Cos’era quell’agitazione di stomaco? La caffeina o l’essere vicina a lui? Un caffè necessita di poco tempo, due sorsate e via: fatto, andato, bevuto, finito. E così si erano salutati. Non le era sfuggito che aveva la mano un po’ umida quando aveva stretto la sua. Due giorni dopo si erano visti di nuovo, nell’ufficio di lui, come sempre. Un paio di convenevoli e poi, come uno squalo, le era girato intorno due volte con le mani dietro la schiena …  

  «Mi piace parlare con te, mi sento a mio agio. Ti voglio fare una confidenza, posso?»

  «Certo».

  «Forse no, meglio no, non penso sia una buona idea».

  «E dai! Cosa mai dovrai dirmi… magari poi te ne faccio una pure io».

  «Ti ho sognato, ti baciavo… era bellissimo. Eri seduta su un muretto, con le gambe girate intorno alla mia vita, mi stringevi forte, mi volevi e ti volevo». Era rimasto a fissarla per cogliere l’effetto della confidenza.